giovedì 31 luglio 2008

Rapporto innegabile tra il parricidio nei FRATELLI KARAMAZOV e il destino del padre di Dostoevskij.


Come è stato analizzato da Freud nel saggio Dostoevskij e il parricidio, Dostoevskij si autopunisce attraverso gli attacchi epilettici per il desiderio di morte nei confronti del padre odiato, parricidio come fonte del senso di colpa.
Questo tema viene ampliamente sviluppato nel romanzo I fratelli Karamazov, e si possono notare molti elementi che appartengono anche alla vita privata dello scrittore.
Fëdor Pávlovič Karamàzov, il padre ucciso nel romanzo in questione è raffigurato come un uomo osceno, che dilania chiunque con la sua presenza in perenne ricerca di svago e con l’astuzia che serve al contempo da strumento e da unico limite alla ferocia; era vedovo, aveva la tendenza a bere un bicchiere di troppo ed era solito utilizzare la sua autorità per dominare le persone a lui dipendenti. Si ritiene che Michaìl Andrèevič Dostoevskij, il padre dello scrittore, fosse un uomo collerico e turpe; il fatto che fosse stato assassinato da alcuni contadini per le brutalità che egli era solito commettere conferma questa ipotesi. Un altro aspetto reale che si intreccia con il romanzo è che sia tra Dostoevskij padre e scrittore, che tra Fëdor Pávlovič Karamàzov e i figli, l’argomento predominante era il denaro.
I quattro fratelli Karamazov, secondo una Lettera di risposta ai critici che Dostoevskij si accinse a scrivere alla fine del 1879 e che poi non scrisse, avrebbero dovuto rappresentare nel loro insieme “una raffigurazione – sia pure in scala ridotta da uno a mille - della nostra realtà contemporanea, nella nostra attuale e tanto intellettuale Russia”[1]. Ma, proprio in quell’intero che essi costituiscono, danno forma del pari a una raffigurazione della personalità stessa, della mente-anima dell’uomo in genere, in cui davvero accanto a tre parti di compiutezza, di coscienza, accanto a un tre che si prende il diritto di considerarsi già un intero, c’è una parte in più, non integrata, in ombra, che rende quell’intero trinario una pretesa vana – proprio come il subentrante, imprevisto Smerdijakòv, al quale fino alla fine verrà rifiutata l’integrazione a quella famiglia a cui egli appartiene quanto gli altri tre.

[1] Dostoevskij, I Fratelli Karamazov, introduzione di Igor Sibaldi, pag XXXVI, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1994.

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