domenica 3 agosto 2008

Il confronto con il padre nell'autorità statale e nella fede in Dio


Il Padre è Dio. Ma se la presenza del padre e dunque del Padre nell’“io” è un ingombro alla nascita dell’“io” stesso, allora come uscirne?
“Ivàn – come Raskòl’ikov ecc. – continua a riflettere sul senso di quella sua scoperta teorica, ‘se Dio non esiste allora tutto è permesso’, e se ne ipnotizza. Quella frase è l’immediata conseguenza della voglia di parricidio: se il padre non ci fosse più a vincolare il mio ‘io’, allora tutto ciò che il mio ‘io’ può mi sarebbe permesso: e dal padre terreno a quello divino, tale frase potrà naturalmente percorrere tutti i grandi intermedi, in un crescendo rivoluzionario: se le autorità spirituali non ci fossero allora tutto sarebbe permesso, se lo zar non ci fosse allora tutto sarebbe permesso, e così via”. (ibidem, pag.XXVIII).
In Delitto e Castigo Dostoevskij descrive la vicenda di un uomo che ritiene di poter infrangere la legge del rispetto umano, confondendo la libertà con l’arbitrio. Nei Demoni è raffigurata la stessa vicenda, ma protagonista del delitto, che incontrerà il suo castigo, non è più un uomo singolo ma una setta di cospiratori. La filosofia del “tutto è permesso”, che è quella di Raskòl’nikov in Delitto e castigo, diviene nei Demoni la teoria rivoluzionaria secondo la quale non vi sono argini di bene e di male nell’azione politica. In entrambi i casi non si giustifica per Dostoevskij il ricorso alla violenza e all’omicidio. La personalità dell’uomo, di qualsiasi uomo, anche il più miserevole, come la sudicia usuraia di Delitto e castigo, è qualcosa di sacro e di assoluto che non è lecito adoperare come mezzo o strumento ma si deve rispettare come valore e fine in sé.
Sia Raskòl’nikov che Stavroghin hanno infranto la morale corrente. Ma Raskòl’nikov crede di aver scoperto una verità teoretica e lotta per conquistarsi la sua libertà, anche se illusoria; è un ricercatore. Stavroghin invece non cerca nulla, non crede in nulla; ha grandi capacità intellettive che però non sono dotate di un senso morale.
Attraverso i vari personaggi dei due romanzi qui citati, Dostoevskij ci vuole persuadere che il mondo liberale è un mondo fiacco, incapace di scorgere le conseguenze delle proprie posizioni ideologiche.
“Il carattere della ‘demonicità’ è quello di spingere e travolgere l’uomo suo malgrado, privandolo della libertà e della disponibilità interiore, recidendo i vincoli di partecipazione umana con gli altri. Questa demonicità che nega Dio, la libertà e la personalità, è più una malattia psichica che un fenomeno politico. La “demonicità” e la “ossessione” sono forze che paralizzano la personalità, atrofizzano il senso della libertà e contraggono la coscienza.”
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[1] Dostoevskij (1870), I demoni, introduzione di Remo Cantoni, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1987, pag.X.

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