domenica 3 agosto 2008

Bisessualità nella vita e nelle opere di Dostoevskij


Riprendendo il pensiero di Freud, oltre al parricidio vi è un’altra fonte che contribuisce ad alimentare il senso di colpa: la bisessualità. Questa disposizione subentra nel momento in cui il bambino reagisce alla minaccia della sua virilità, rappresentata dall’evirazione, ponendosi nella posizione della madre e assumendo il suo ruolo di oggetto d’amore agli occhi del padre. “Una disposizione accentuatamente bisessuale diventa così un elemento che rende possibile o rafforza la nevrosi” (Freud, 1927, pag.528). Freud ipotizza questa predisposizione nel caso di Dostoevskij considerando l’importanza delle amicizie maschili nella sua vita e la dolcezza del suo comportamento verso i rivali in amore.
Si potrebbe prendere in considerazione a questo proposito un esempio lampante di questa sua disposizione nel racconto Cuore debole, dove il protagonista Vasja Šumakov ottiene dal suo capo Julian Mastakovič un posto e in seguito viene anche promosso, credendo che tutto ciò gli provenga dalla generosità del suo capo. Ma il sentimento di gratitudine in Vasja si trasforma pian piano in un atteggiamento di servilismo e, quando Vasja non fa in tempo a consegnare il lavoro, il suo senso di colpa è talmente grande che lo porta alla follia.
Vasja e Arkadij Nefedevič abitano nello stesso appartamento, e Dostoevskij ce li descrive come amici molto stretti, che condividono le esperienze di vita con relative emozioni. Quello che colpisce è la dolcezza dell’atteggiamento che hanno questi due personaggi tra loro: « “Ah, Arkaša! Salve colombello! Ebbene fratello, tu non sai che cosa sto per dirti!” “Proprio non lo so; vieni qui, avvicinati.” Vasja, come se non attendesse altro, si precipitò, non sospettando alcuna perfida intenzione da parte di Arkadij Ivanovič. Ma questi lo afferrò con molta destrezza per le braccia, lo rigirò, scaraventandolo sotto di sé, e cominciò a ‘soffocare’ la sua povera vittima, cosa che sembrava procurargli un piacere immenso.»[1]
« “Ebbene, mi sono fidanzato”. Arkadij Ivanovič, senza proferire la minima parola di augurio, in silenzio sollevò Vasija sulle sue braccia come un bimbo, sebbene Vasja non fosse affatto piccolino, ma di statura piuttosto elevata, benché esile, e prese a trascinarlo con molta naturalezza da un angolo all’altro della stanza, fingendo di cullarlo.» (ibidem, pag 185).
« “Io non te l’ho mai detto prima, Arkadij… Arkadij! La tua amicizia mi rende così felice, senza di te non sarei al mondo – no, no, non dire niente, Arkaša! Dammi la tua mano perché la stringa, lascia che … ti ringrazi!” Arkadij Ivanovič avrebbe voluto subito gettarsi al collo di Vasija, […].» (ibidem, pag 198).
[1] Dostoevskij (1848), Cuore debole, in Racconti, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1991, pag.189.

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